A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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venerdì 7 febbraio 2014

DISLESSIA: NOVITA' DIDATTICHE QUADERNO PER DISLESSICI



Un quaderno di regole per imparare a leggere, scrivere e la grammatica, ma dov'è la novità vi starete chiedendo?
L'intenzione non è quella di aggiungere, ma piuttosto diversificare il modo stesso di fare grammatica.
Il bambino dislessico non è un malato o un disabile, è un individuo in cui, le funzioni neurobiologiche, si comportano in modo distinto e differente dagli altri individui.
Infatti un bambino dislessico è un bambino molto particolare, con difficoltà particolari: è intelligente, è in "gamba", ma la matita e i quaderni sono i suoi nemici; a voce è in grado di rispondere prontamente, però in caso di una verifica scritta potrebbe "consegnare in bianco".
La dislessia provoca un modo di lavoro nel bambino discontinuo e strano, l'importante è che, soprattutto gli insegnanti, trovino il modo adeguato per guidarlo.



Dislessia: una sfida per la società

Per aiutare un bambino dislessico un'esperta consiglia di creare un quaderno per dislessici, che può, però, essere utilizzato anche da individui senza il problema della dislessia.
Il quaderno, da tenere sempre a portata di mano, deve essere aggiornato poiché le regole aumentano di giorno in giorno; deve contenere le principali regole ortografiche associate a simpatiche immagini guida, per i più piccoli; poi tabelle di sintesi; i verbi; infine, le tabelle semplificate per l'analisi grammaticale: al tutto si devono aggiungere delle linguette colorate, utili a distinguere il contenuto.
Il bambino, può così, tenendolo a portata di mano, consultarlo senza andare a sfogliare, perdere tempo prezioso e rileggere i titoli ogni volta: in tale modo l'efficacia e i conseguenti successi, contribuiranno ad aumentare l'autostima e il sorriso che diverrà una costante sul volto del bambino dislessico.
Le difficoltà non svaniranno con l'ausilio del quaderno, ma si sentirà più compreso e non servirà più che, qualcuno, gli debba stare seduto accanto perché potrà essere più autonomo; il quaderno può essere preparato per tutti i bambini, anche i non dislessici, in quanto tutti possono trarne beneficio per migliorare, magari per riguardare qualche regola, in tempo reale, che non ricordano.
Le definizioni possono perdersi nella memoria di chiunque ed essere fini a se stesse, la modalità di accesso al sapere e le strategie per "digerirlo" devono essere l'obiettivo principale di ogni buon maestro.
Tornando al quaderno è importante sapere che mettere tutte le regole insieme di per sé non è un problema, perché si impara a selezionare i tempi.
I bambini parlano e usano naturalmente e inconsapevolmente tutte le "regole" della lingua senza conoscere le definizioni, incasellate dagli adulti; si tratta, quindi, semplicemente, ogni tanto di far sapere che c'è una definizione specifica per quel nome, per quel verbo o per quella proposizione, anche se non deve essere questo lo scopo principale della grammatica.
I bambini sono "spugne", non esseri privi di potenzialità intellettive, quindi è importante non limitare il linguaggio, rendendolo, anche più specifico, perché impareranno ad utilizzarlo prima e meglio.
Con l'aiuto del quaderno, dopo averne arricchito il lessico, tutti hanno la possibilità di andarsi a rivedere il significato, diventando "più ricchi di parole"; questa prassi, permette ai bambini dislessici di produrre testi pieni di parole nuove e più adeguate.
Il quaderno, anche se nato per il bambino dislessico, può essere usato da tutti, anche per non far sentire "inferiore", ma uguale agli altri bambini, quello più problematico: per tutti è utile, per il bambino dislessico è indispensabile.
Chi è più in difficoltà, inoltre, non si sente messo da parte: ognuno contribuisce al lavoro e ha il compito di fare in modo, una volta creato gruppi di coppie, che ogni bambino sia responsabile del suo compagno, imparando che è normale essere diversi; quindi è normale studiare in modo diverso e normale aiutare chi è più in difficoltà.
Visto che tutti lo fanno per tutti, anche i bambini dislessici non vivono la scuola come un disagio solo personale; anzi, raggiunti questi obiettivi, si è verificato che, proprio i bambini problematici, si offrissero per leggere o aiutare gli altri.
Le riflessioni conclusive, quindi portano a capire che è importante personalizzare ed utilizzare strategie diverse che diventano efficaci, solo, a livelli diversi.
Si può sempre imparare a modificare, modellare e adeguare anche il proprio modo di far didattica, sforzandosi di non vedere più il bambino con difficoltà più o meno specifiche come "uno" che non riesce, ma come "uno" che stimola in continuazione a migliorare per primi noi stessi, poi il nostro modo di proporci e di fare scuola.
Avere a che fare con bambini in difficoltà di apprendimento è una sfida, un'avventura continua senza una fine.
I bambini dislessici vanno osservati, ascoltati e bisogna accettarne i suggerimenti perché, spesso, le strategie migliori sono indicate da loro stessi: bisogna renderli protagonisti.
Ogni problema ha una soluzione, altrimenti non sarebbe un problema.

Dislessia: Da KO a OK! Il font ad alta leggibilità EasyReading


Sono dislessico e collaboratore editoriale. Binomio impossibile? Assolutamente no. Le case editrici si sono presto accorte che un collaboratore dislessico è un’opportunità. Perché quello che va bene per un dislessico va benissimo per tutti i lettori.

Avete mai pensato che allo specchio le lettere KO diventano esattamente il contrario?

OK

Mi viene in mente che Leonardo da Vinci (mancino e dislessico) era capace di scrivere al contrario, da destra verso sinistra e dall’ultima pagina verso quella iniziale (“Storie di normale dislessia” di Rossella Grenci e Daniele Zanoni).

La scrittura è una convenzione recente per il nostro cervello. Non è intuitiva neppure la “direzione”, da sinistra a destra o da destra a sinistra.

E il modo di leggere “dislessico” potrebbe essere giusto in un altro sistema di scrittura.

Secondo le stime più recenti la dislessia oggi interessa almeno il 10% della popolazione mondiale, ovvero circa 700 milioni di persone. E la dislessia può apparire sotto molte e diverse forme, rendendo difficile la diagnosi quando il problema si manifesta.

Sono dislessico e collaboratore editoriale. Binomio impossibile? Assolutamente no. Le case editrici si sono presto accorte che un collaboratore dislessico è un’opportunità. Perché quello che va bene per un dislessico va benissimo per tutti i lettori.

E la mia esperienza di lettore per professione e per piacere si è sempre scontrata con la grafica della pagina scritta.

Per fortuna, rispetto al passato, tanto si sta muovendo nell’universo dei caratteri agevolanti per le difficoltà di lettura. Altre ricerche (come quella del Centro Risorse – Clinica Formazione e Intervento in Psicologia: Gradimento e prestazione nella lettura in Times New Roman e in EasyReading® di alunni dislessici e normolettori della classe quarta primaria) perseguono, con risultato affermativo, l’obiettivo di verificare se la preferenza per un carattere sia giustificata da un effettivo aumento in termini di velocità di lettura e correttezza, nei normolettori e nei dislessici.

Come semplice lettore con DSA, mi piacerebbe iniziare uno scambio di idee tra dislessici adulti sui font in uso: che poi sempre con questi dobbiamo comunque fare i conti, nella realtà, sia cartacea sia elettronica.

Ci sono soluzioni che sembrano miracolose: usiamo il tablet e sconfiggeremo i problemi…

Molto interessanti a questo riguardo le riflessioni e le conclusioni della professoressa Roberta Penge, raccolte da Tina Simonello su Repubblica (19/11). Il titolo dell’articolo così sintetizza: “Dislessia. Se un tablet velocizza la lettura”, ma in realtà il testo ci fa capire una volta di più che non basta l’idea astratta di tablet, perché la scrittura non è un elemento impercettibile, tutt’altro.

Le ricerche di questi ultimi anni hanno evidenziato alcuni dati comuni. Scrive la professoressa Penge: «Un supporto che permette di modificare l’aspetto del testo funziona molto bene per i dislessici con difficoltà più di tipo visuospaziale, ma rappresenta sicuramente un aiuto valido anche per i cosiddetti dislessici linguistici (la cui difficoltà ha a che vedere più con il linguaggio, con la decodificazione dei segni in suoni)».

Come Edo di Roberta Moriondo (Edo non sa leggere. E’ dislessico. Proprio come Einstein) che scambia Voce e Foce.

L’effetto affollamento è sempre in agguato per noi dislessici: quella foresta, peggio: quel muro senza appigli che può diventare la pagina scritta.

Lo studio di Marco Zorzi, docente di Psicologia e intelligenza artificiale all’università di Padova, in collaborazione con l’istituto Burlo Garofalo di Trieste e l’università di Aix en Provence-Marsiglia, pubblicato sulla rivista Pnas (vedi: Il Secolo XIX – 19-06-12), ha puntato l’obiettivo sull’affollamento percettivo: aumentando la spaziatura tra lettere di un testo si ottengono migliori performance di lettura. 
 
Anche altri elementi possono confondere chi ha difficoltà di lettura: «Il tipo di carattere per esempio», il disegno del carattere in sé.
In effetti per me (dislessico compensato) il Times New Roman ha un po’ troppe grazie ma l’Arial è troppo “rotondo”, indifferenziato, soprattutto in alcuni caratteri (dbpq oppure “u” e “n” rovesciato)..

L’OpenDyslexic del designer Abelardo Gonzales utilizza l’effetto zavorra per ancorare le lettere alla riga e impedire che girino, “capottino” etc. I non dislessici non lo amano, solitamente, e io stesso non mi sento sciolto nella lettura. Bene ha fatto Biancoenero® “a non accentuare la differenza di questa font con altre in uso nei testi per ragazzi, per non disorientare il lettore”.

Dal video Dislessia & Design un non dislessico può avere un’idea di cosa sia la dislessia. Il Design For All è quello del font ad alta leggibilità EasyReading:

Dislessia infantile: origini e concause di un disastro e un’epidemia di massa Perché sempre più bambini non sanno parlare, scrivere o ragionare?

La dislessia sta diventando una vera e propria emergenza, un’epidemia, con punte statisticamente alte a tutti i livelli. Il fenomeno diventa ancora più macroscopico nelle prime classi della scuola primaria, e si innesta con altri fenomeni (difficoltà all’abbandono dei pannolini; incapacità di concentrazione e ragionamento; incapacità di allacciarsi le scarpe, sbucciare le mele etc.; ipercinetica; picnolessia …).

Diverse le cause del disastro, ma ci sembra siano da ricercarsi nel cambiamento delle abitudini familiari e nel dominio della comunicazione per immagini sulla comunicazione diretta con familiari e amici: le immagini semplici -o iconiche- non hanno bisogno di ragionamento per essere lette: sono come un biberon. L’assassinio della lettura di libri è parte di questo problema (leggendo ci si deve creare “immagini mentali” autonome, si “crea” e si ragiona mentre si legge, cosa impossibile col biberon delle immagini in movimento).
Inoltre madri e padri non hanno quasi più contatti con i figli, a causa del lavoro: crolla quindi il dialogo e l’apprendimento al discorso, e mancano le parole (non c’è quasi più lessico). Prima della rivoluzione sociale che ha “liberato” il lavoro femminile, le donne svolgevano il ruolo prezioso di trasmissione della lingua, del sapere familiare, del dialogo e della capacità di discutere. In seguito, si è dovuto ricorrere al ritorno all’educazione di Stato (in stile antica Sparta, Unione Sovietica e gioventù hitleriana), con la fine della vita di cortile (altro fondamento dell’intelligenza dei più giovani), sostituita dalla nefasta pratica delle palestre, delle scuole calcio, dei doposcuola, in cui i bambini devono sempre stare zitti e eseguire gli ordini dell’onnipresente sorvegliante adulto. Nel frattempo, padre e madre insieme guadagnano quello che prima guadagnava il solo padre: una truffa di massa, in cui ci hanno rimesso tutti. Sarebbe bene aumentare la paga del genitore che è il solo a lavorare in una famiglia, e/o incentivare il telelavoro, che permette di lavorare da casa.
Viceversa, il bambino nutrito a merendine organiche e schermi al plasma, resterà comunque (quasi) senza parole.
C’è insomma un aspetto “clinico” della dislessia DSA, ma ci sono anche delle profonde concause sociali, che nascono proprio quando il bambino comincia a emettere le prime parole (pertanto non sono categorizzabili clinicamente) della “lingua madre”, e la madre troppo spesso non c’è…
Ecco -secondo noi di Tigullio News (che abbiamo avuto la fortuna di frequentare casa di Gianni Rodari)- le vere cause di un disastro sociale comunque esistenti, DSA o no. E chi racconta più ai piccoli favole e filastrocche? Se il bambino non capisce, mentre ascolta una fiaba alla tv o fa un gioco alla PS… chi gli spiegherà gli Arcani Sconosciuti?

Dislessia sotto screening

Un progetto innovativo alla “Pascoli” di Sant’Anna: lo screening

per l’individuazione precoce dei bambini a rischio di difficoltà scolastiche

I numeri del problema sono sotto gli occhi di tutti gli operatori della scuola: i casi di DSA sono in crescita esponenziale un po’ dappertutto, dalla Primaria alle Medie, fino alle scuole superiori. Si tratta dei cosiddetti disturbi specifici di apprendimento, che consistono in problematiche relative alla lettura (dislessia), alla corretta scrittura (disgrafia e disortografia) e ai calcoli matematici (discalculia) che colpiscono i bambini e i ragazzi di ogni età.

Contrariamente a quanto si poteva ritenere, questi disturbi non sono derivanti da un ritardo dell’alunno, ma da una difficoltà costituzionale determinata biologicamente, che si manifesta fin dalle prime fasi dell’apprendimento. E’ un circolo vizioso: il bambino affetto da DSA fa più fatica e ottiene risultati meno brillanti, il che incide sul successivo impegno e sulle conseguenti votazioni, e così via, in un percorso che tende ad essere fortemente involutivo.

Oggi i DSA sono diagnosticati con più attenzione rispetto al passato e addirittura una legge (la n. 170 del 2010, con le conseguenti Linee guida del 2011) ha stabilito alcune tutele per gli allievi colpiti da questi disturbi; così attraverso vari tipi di strumenti compensativi e dispensativi, da utilizzare anche durante gli esami, si cerca di alleviare la fatica che gli alunni devono affrontare.

L’Istituto Comprensivo Rapallo, in collaborazione con due psicologhe esperte in materia, le dottoresse Maria Ida Federici e Alessandra Guagliardo, promuove un progetto innovativo per la rilevazione precoce dei bambini a rischio di DSA, con un intervento che coinvolgerà le prime due classi della scuola primaria (elementare). Dopo una prima fase di informazione per le famiglie e di formazione dei docenti coinvolti, ci sarà un periodo dedicato a prove collettive ed individuali; in seguito, in base ai risultati emersi, nei mesi successivi ci saranno interventi di rafforzamento, una prova conclusiva e alla fine dell’anno scolastico un incontro con docenti e genitori per la restituzione dei dati emersi dall’intervento.

“L’identificazione preventiva delle difficoltà di apprendimento – afferma Maria Ida Federici, la psicologa responsabile del progetto – consente di intervenire precocemente sulle aree di carenza, limitando così le esperienze di insuccesso che potrebbero avere ripercussione da un punto di vista emotivo e motivazionale. Trattandosi di un’attività di screening deve focalizzarsi su quella fascia scolastica in cui non e’ ancora possibile fare diagnosi, che potrà essere effettiva alla fine della seconda elementare”.

Il progetto, che coinvolgerà complessivamente circa un centinaio di bambini della scuola primaria Pascoli di S.Anna, ha già previsto una formazione per genitori e docenti a partire dallo scorso novembre; questa settimana sono cominciate le prove collettive e individuali per gli allievi; seguirà, in base ai risultati, un’attività di rinforzo svolta dalle docenti e a maggio una prova. Il percorso verrà concluso con la restituzione dei dati analizzati in un incontro pubblico di approfondimento della tematica.

“In questi casi – aggiunge Giacomo Daneri, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Rapallo – è fondamentale la collaborazione tra scuola, famiglie ed operatori sanitari, nell’ottica dell’importanza del bene del bambino. Siamo quindi davvero orgogliosi di ospitare un progetto così significativo e unico per il nostro territorio”.