A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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mercoledì 10 agosto 2011

Come crescono i dislessici: sofferenze, successi e identità - Strategie per il successo.

07Il dislessico sarebbe molto bravo in attività di livello più alto che richiedono la relazione con le persone, la capacità di mettere in atto la creatività e la managerialità. Quando un dislessico riesce a delegare ad altri le cose che lo mettono in condizione di fare gli errori banali e si occupa di mansioni di più alto livello, allora può raggiungere il successo.Cosa succede quando i dislessici diventano adulti? Il punto di partenza su cui riflettere è che già durante la scuola primaria, i ragazzini dislessici imparano che la vita è una sfida continua, dal momento che devono in qualche modo imparare strategie di sopravvivenza. Trovare delle strategie per il successo è la prima esigenza del bambino dislessico. E la scuola, in questo caso, diventa una vera e propria scuola di vita. Quella che si pone allo studente è una sfida che mette in campo la sua intelligenza, stimolata dal fatto che essere dislessici porta con sé una sofferenza psicologica, che si manifesta fin dai primi anni della scuola primaria e che arriva a connotare la vita di questi bambini. La sofferenza è un grosso stimolo per sviluppare l'intelligenza, ci permette di cercare e scoprire soluzioni per i problemi di ogni giorno. Questo significa imparare ad usare strumenti, imparare perfino ad usare le altre persone e le loro risorse. Si innesta una serie
di rapporti di scambio con queste persone che caratterizza anche in seguito la vita dei dislessici. Uno degli aspetti più rilevanti in questo contesto di situazione dinamicamente complessa è la consapevolezza. Il tema della consapevolezza è un'arma importante per la gestione dell'essere dislessici. Su questo tema le cose stanno cambiando rapidamente, quello che sembra emergere è una differenza generazionale rispetto a qualche anno fa, che probabilmente è anche il prodotto dei mutamenti culturali che sono in atto. Stanno crescendo dei nuovi bambini dislessici, che poi diverranno adolescenti e adulti dislessici ben consapevoli della loro condizione e che utilizzano questa consapevolezza in senso positivo, anche per la contrattazione del rapporto con le persone e le istituzioni. Sapere di avere la dislessia e essere dislessici sono due modi di esprimere un concetto che non è equivalente. Sapere questo e integrarlo nell'immagine di se che uno ha, permette anche di rinegoziare il rapporto con il mondo. Questo introduce il concetto di empowerment, di arricchimento della persona e della capacità di gestire consapevolmente il mondo che la circonda. Probabilmente uno degli obiettivi più importanti che si dovranno porre i ricercatori, nel rapporto con persone che hanno queste problematiche di disturbi specifici dell'apprendimento, è quello di far acquisire la consapevolezza che comunque, nonostante il problema che hanno, loro possono essere padroni della propria vita e percepire di esserlo. Questo per il successo e la felicità è un punto fondamentale e forse i tecnici che fanno la diagnosi dovrebbero porsi non solo l'obiettivo di fare una diagnosi corretta. Ma la consapevolezza a sua volta pone un altro problema, quello dello svelamento, dell'utilizzare questa consapevolezza anche per far sapere agli altri del proprio disturbo. E questo è uno dei problemi: la maggioranza dei dislessici continua a non avere la voglia di far sapere agli altri dell'esistenza di questo problema. Le cose, tuttavia, stanno cambiando nel corso del tempo e dipendono sempre da persona a persona: io non faccio sapere ad un altro una cosa che mi riguarda se penso che l'altro questa cosa la giudicherà male. A questo punto diventa un problema della società quello di avere un concetto della parola dislessia che non sia un clichè pregiudiziale, basato su conoscenze datate.

Psicologia del dislessico.

Collegati a tutte queste problematiche subentrano problemi di natura psicologica. Già nell'età evolutiva i dislessici presentano problemi di bassa autostima, depressione e ansia.